Cronache di frontiera: scatti da Belgrado4 min read

7 Aprile 2017 Mondo Politica -

Cronache di frontiera: scatti da Belgrado4 min read

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L’8 marzo 2016 l’Unione Europea firma un trattato con la Turchia che stabilisce in sostanza lo stanziamento di 6 miliardi di euro alla Turchia di Erdogan per chiudere le frontiere, la cosiddetta rotta balcanica, il tragitto che i migranti percorrono passando per la Grecia e risalendo per i Balcani. Questo ha creato il più grande campo profughi d’Europa con 8.500 immigrati ferme sul confine macedone, ad Idomeni. Sgomberato quel campo nel maggio 2016, nonostante i respingimenti, famiglie e singoli hanno continuato a mobilitarsi e molti di loro hanno raggiunto la Serbia, dove attualmente ci sono cinquemila persone divise tra i campi governativi e un campo “informale”.

Ho avuto modo di conoscere questo cosiddetto campo informale, grazie ad un breve viaggio assieme all’associazione One Bridge to Idomeni. Nel campo ci sono circa 1.200 i profughi che alloggiano da agosto 2016 in vecchi edifici abbandonati della vecchia stazione di Belgrado, diventati ora il punto di ondata infinita che sta percorrendo la rotta balcanica. La maggior parte degli immigrati arriva dall’Afghanistan ma ci sono anche pakistani e iracheni il cui viaggio a tappe ha toccato Iran, Turchia, Grecia, Bulgaria e Macedonia prima della fermata definitiva in Serbia.

Mi sorprende la loro giovanissima età: tra gli 8 e i 30 anni. In questo campo sono tutti uomini, le poche donne che seguono compagni e partiti nel viaggio alla ricerca di un futuro rimangono nei campi governativi, dove ci sono maggiori servizi. L’igiene è assente, c’è pochissima acqua (quattro rubinetti per tutti), l’elettricità è distribuita da un generatore gestito dalle associazioni e il singolo pasto quotidiano viene distribuito dagli instancabili volontari di Hot Food Idomeni.

Le uniche Organizzazioni non governativa (ONG) che hanno l’accesso al campo sono l’UNHCR e la Croce Rossa Serba: altre persone di buona volontà non sarebbero ammesse. Per scongiurare la creazione di centri informali per transitanti, il governo serbo ha detto chiaramente che le persone fuori dai centri governativi non devono essere assistite e in pochi accettano di essere trasferiti nei centri governativi per paura di essere identificati e non poter continuare il viaggio verso gli altri paesi dell’Unione europea.

Gli hangar fatiscenti occupati dai migranti saranno abbattuti nel giro di poche settimane per fare spazio ad un grande complesso abitativo di lusso – il Belgrade Waterfront – un’operazione da 35 miliardi di euro della ditta Eagle Hills, società con sede ad Abu Dhabi e portatrice dei tanto ambiti petrodollari.

La Croazia e l’Ungheria sono chiuse dal filo spinato, unico materiale di cui sono fatti i rispettivi confini. Il filo spinato fa compagnia alle pattuglie di polizia di confine, alle unità cinofile e ai gruppi di civili che si sono mobilitati ed armati per fermare gli immigrati.

Negli ultimi 15 mesi, l’ONG Medici Senza Frontiere ha curato 106 casi di violenza intenzionale perpetrata dagli agenti di pattuglia ungheresi al confine. Tutti i casi trattati da MSF seguono gli stessi percorsi di violenze, includendo ferite da pestaggio (54 casi), morsi di cane (24 casi), irritazioni da gas lacrimogeno e spray al peperoncino (15 casi) e altre ferite (35 casi). Questi abusi non escludono persone vulnerabili come minori non accompagnati: su 106 casi, 22 erano minorenni.

Il futuro è un grande buco nero. Le prospettive non sono chiare, se le ruspe si avvicinano e le vie sono chiuse, si potrebbe creare una sorta di sacca, ovvero persone senza casa e senza porte aperte che vagano in attesa di una speranza di passaggio, fosse anche quello che dall’Albania negli anni ’90 portava in Italia, attraverso lo stretto di Brindisi.

Durante i pochi giorni trascorsi al campo, ho conversato con molti di loro e ho scattato qualche foto. Ho voluto sì denunciare lo stato di degrado in cui si trovano queste persone ma, in particolare, ho cercato di raccontare le molteplici forme in cui si esprime quotidianamente l’attesa: il campo, nonostante tutto, è vissuto come un luogo di passaggio, di transizione verso un futuro migliore.

scatti da Idomeni
@Greta Gandini

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Fotografa, documentarista, content manager, coordinatrice di progetti editoriali e project manager della start up Rosbad s.r.l. Ho partecipato a esposizioni fotografiche, collaborato a laboratori artistico-sociali e di educazione ai media insieme a diverse realtà associative italiane e spagnole. Mi piace lavorare nell'ambito editoriale, della progettazione di nuovi formati e della media education.
4 Commenti
  1. Cornetta Maria

    Ma perché i crimini degli extracomunitari non vengono ugualmente citati? I reati non sono meno gravi se commessi da soggetti in difficoltà e qui parlo di stupri, di violenza sugli anziani e sullo sfruttamento della prostituzione, non del poveretto che ruba la frutta sulle bancarelle per mangiare. Ne sono piene le cronache. E' odioso pensare al poliziotto che picchia l'immigrato tanto quanto è odioso pensare all'immigrato che aggredisce le forze dell'ordine. Non usiamo due pesi e due misure! IL DIRITTO DI DELINQUERE NON E' STATO MAI SANCITO DA NESSUN CODICE E NESSUNO PUO' INFRANGERE LE LEGGI, INDIPENDENTEMENTE DAL RUOLO SOCIALE CHE RICOPRE,DAL POTERE CONCESSO DALLE ISTITUZIONI, DAL SUO CULTO, DALLA RAZZA E DALLA SUA STORIA. Il vero razzismo è concedere corsìe preferenziali a qualcuno dei soggetti sopra citati.

    • Davide Fracasso

      Scusa Maria, a quali crimini ti riferisci? Generalizzare non aiuta a cercare una verità dei fatti e a mio modesto parere è una forma di qualunquismo pericolosa.

  2. Cornetta Maria

    E' giusto che i delinquenti siano identificati e che le loro azioni siano pubblicizzate e condannate anche attraverso i media, però questa regola deve valere per tutti e la stessa cosa vale per l'applicazione delle leggi, che devono essere severe quando il reato è grave (vedi lo stupro). Io credo che in Italia non ci sia sufficiente durezza se è vero, come vediamo tutti, che non sempre i criminali scontano tutta la pena. Non ritengo di discriminare nessuno se dico che nessun elemento estraneo alla valutazione del reato (etnia, condizione economica e sociale, ecc...) può alleggerire gli effetti dell'applicazione della pena. L'uguaglianza tra i cittadini passa senz'altro da questo criterio imprescindibile. Era il concetto che volevo esprimere e non ha nulla di pericoloso.

    • Davide Fracasso

      Maria, continuo a faticare a comprendere cosa c'entri il tuo commento con l'articolo su Belgrado. Potrai concordare con me su un fatto però: in Italia la pubblicità che i media danno ad episodi di criminalità compiuti da stranieri è decisamente più alta rispetto a crimini compiuti da italiani: quindi un elemento di discriminazione etnica nell'informazione italiana è decisamente presente. Se ti interessa il tema in ogni caso ti invito a leggere un articolo sul nostro sito che affronta il tema immigrazione e criminalità: https://www.lenius.it/immigrazione-e-criminalita/. Ciao!

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