Anna Tatangelo, il neomelodico che ambisce al pop internazionale3 min read

19 Agosto 2015 Cultura -

Anna Tatangelo, il neomelodico che ambisce al pop internazionale3 min read

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anna tatangeloEsiste un settore della discografia italiana che, inspiegabilmente, non sa proprio cosa sia la crisi: un genere musicale in cui si parla in modo chiaro e preciso di ammmore, sentimenti e relazioni senza l’utilizzo di metafore alcune.
Insomma: non si può parlare di musica italiana senza occuparsi dei neomelodici. Prima e ultima volta, lo giuro.
Per cui, mettiamo da parte lo snobismo più o meno marcato nei confronti di questo mondo schifosamente pullulante di cantanti tamarri e con patacconi brillanti sulle orecchie, e prepariamoci a recensire l’ultimo album di Gianni Celeste!

Ovviamente sto scherzando. Più o meno.

Neomelodico: per quanto, ormai, il termine sia parte del linguaggio comune, è nato abbastanza recentemente, ideato nella seconda metà degli anni ’80 da Peppe Aiello, il primo che cominciò a studiare il fenomeno. Ammiriamone, per qualche secondo, il coraggio. La tradizione neomelodica è semplice e precisa. In pratica, prevede una patriarcalità del tipo: Mario Merola, Nino D’angelo, Gigi D’Alessio con sceneggiata napoletana in sottofondo e poi, via via, giovani leve che esistono in un numero sproporzionatamente e inspiegabilmente altissimo.

Ma peggio del mondo neomelodico c’è solamente una cosa:

Anna Tatangelo, il neomelodico che ambisce al pop internazionale

Anna Tatangelo, però, è ciociara, ed ha esordito al Festival di Sanremo che aveva 15 anni e le sopracciglia non le depilava ancora. Per alcuni anni ha anche lavorato su di un canale nazionale: VideoItalia, decretandone la chiusura nel 2012.
Tuttavia, la sua stretta vicinanza – inizialmente solo lavorativa (galeotto fu il duetto “Un nuovo bacio”, pubblicato nel 2002), poi sentimentale (l’amore non ha età, si dice) – con Gigi D’Alessio l’avvicinano inevitabilmente al mondo del neomelodico. Ed inevitabile è che questa vicinanza finisca per riflettersi sulle sue discutibili scelte artistiche e commerciali.

Allo stesso tempo, però, Anna Tatangelo riesce ed accompagnare il forte legame con le sue radici ed il discutibile riflesso neomelodico, al desiderio di raggiungere e dominare il grande pop internazionale, come Lady Gaga. Anche perché, oltre a vantare una notevole estensione vocale, Anna Tantangelo è cresciuta ed è diventata pure bona (a differenza di Lady Gaga).

Qualcosa, però, mi fa credere che abbia peccato nei modi: è pur vero che il Festival di Sanremo è il nostro ‘SuperBowl’, ma dopo quella prima volta nel 2002, Anna vi fa ritorno almeno altre sei volte. L’ultima, nel 2015, con l’abrasiva “Libera”, emblema del rock ai tempi dei Modà. Persino quando non vi partecipa, è presente.
Ricordiamo, nel 2013, che Anna apparve in tutte (ma proprio tutte) le pause pubblicitarie del Festival, protagonista della pubblicità di “Coconuda”: mezza vestita e col tacco a spillo, degna dello spot Pepsi di Beyoncé, Britney Spears e Pink.

Questo tentativo di riprodurre l’estetica del pop internazionale è ormai una costante nella sua carriera, soprattutto nella videografia recente. Anna Tatangelo mostra, tendenzialmente, una serie di archetipi e situazioni tipici dei video d’oltreoceano: dalla donna d’affari che improvvisa coreografie in ufficio (come Britney Spears in “Womanizer”) con le tette che stanno per esplodere e le cosce ignude, alla ragazzina del ghetto che incita lo scontro bagnato tra ragazzi e ragazze sempre bellissimi (come Christina Aguilera in “Can’t Hold Us Down”), tutto nello stesso video, tra l’altro.
Anna è furba e astuta nei brani che interpreta, un piccolo genio del male. Passa dal particolare (“Ragazza di periferia”), all’universale (il manifesto femminista “Essere una donna”); dedica le sue canzoni alle mamme (“Profumo di mamma”), alle vittime di violenza domestica (“Rose spezzate” per l’Onlus Doppia difesa), agli omosessuali (“Il mio amico”), alle “Muchache troppo Sexy” di cui si fa paladina.

Adesso, invece, è diventata “Inafferrabile”.
Si chiama così il suo ultimo lavoro (o successo, se vogliamo sbilanciarci) che ci ha un po’ fracassato le orecchie durante questa estate. Una perfetta hit solare e estiva, di quelle che, se a cantarla fosse un’artista straniera, ci ritroveremmo tutti a gorgheggiare senza vergogna. E poi c’è il video, girato da Cosimo Alemà e talmente eccessivo da essere il perfetto compromesso tra la super trashata e il colpo di genio. Se riuscite ad arrivare alla fine, potrete riderci su. Come me. Buona visione!

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Da biologa pentita, procedo in direzione contraria al buon senso e mi rifugio a Milano per studiare Scienze della Comunicazione, dopo anni di vagabondaggi alla ricerca della pace interiore. Così, la riscopro nella Tequila, nei concerti al Magnolia, nelle canzoni coi finali tristi, nelle newsletter di Rockit e nelle pagine del Rolling Stone. Adoro ossessivamente X-Factor e odio il fatto che Sanremo coincida con la sessione invernale.
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